martedì 29 settembre 2015

Inesorabile destino di una "gran gnocca", e del suo contrario...


“Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo, io sono la mente.”  Rita Levi Montalcini



Normalissima, di statura stancamente media, senza slanci di particolare pregio estetico. Se paragonata a quella fanciulla  lunga 1.80 andando approssimativamente per difetto, dagli occhi blu e i capelli neri (connubio a dir poco letale), allora la situazione precipita e raggiungo un’infima posizione di classifica, con vuoti incolmabili anche con l’intervento di sette chirurghi plastici in associazione a delinquere… Giornata durissima, quasi da pianificazione del suicidio, se possibile indolore. E’ successo alcuni anni fa e porto ancora le ferite dentro. Come utente di sesso femminile in visita ero decisamente una minoranza oppressa, spersa tra tutti quegli uomini accorsi nella stanza giochi dei maschi tra le più affollate del mondo, il Salone Internazionale della Moto di Milano, l’idea peggiore in merito a tempo libero e curiosità varie che mi sia balenata in mente negli ultimi dieci anni.  Ovunque, attorno, esemplari di femmine di somma bellezza, corpi scultorei sormontati da visi perfetti e avvolti in mise decisamente minime: gonne ascellari, corpetti trasparenti, tacchi superlativi e instabilissimi. La più cospicua adunata di “gran gnocche” cosmiche nel giro di diecimila miglia. Non tutte erano italiane; mi chiedevo con quali sogni fossero approdate in Italia, quante magari fossero laureate, cosa avessero in quelle belle testoline (non credo affatto che le belle donne siano sempre oche come recita lo stereotipo); mi domandavo anche se mai qualcuno si fosse preoccupato di esplorarle, quelle testoline. L’essere così belle è una grande fortuna; nessuno riesce a evitare di essere affascinato da un bell’aspetto, maschile o femminile che sia; poi, però, dopo il mancamento estatico di alcuni secondi dovuto alla visione paradisiaca,  la reazione mentale  si dirama in variegati rivoli psicologici che di positivo hanno spesso poco, tra cui spicca una clamorosa invidia; qualunque cosa quella donna otterrà, la nostra mente sarà portata a collegarla solo ed esclusivamente alla sua carrozzeria superlativa;  difficilmente saremo disposti a verificare se la persona è veramente una rovinosa, insignificante sbatticiglia, oppure ha anche altre doti che la rendono competente per quel certo posto; ho sentito maschi lamentarsi per il presunto trattamento di favore riservato a candidate femmine a causa di doti fisiche che loro stessi, in qualunque altro frangente, avrebbero tenuto per primi in somma considerazione (chi di spada ferisce, di spada perisce…?). So che a prima vista sembra impossibile, ma facendo uno sforzo di ragionamento sovrumano, concluderei che la bellezza può a volte essere un fardello scomodo, per una donna che ha anche altre doti e magari non vuole fare per forza la modella. E se il bellone di turno è un maschio? Gli uomini più difficilmente sono colpiti da invidia verso un altro uomo, addestrati come sono sin da piccoli a puntare su altre doti per farsi strada nella vita. 
E le donne brutte? Beh, qui il quadro è facile, disadorno, addirittura miseramente scarno: le brutte spesso sono condannate a non essere filate di pezza neanche se geniali; riescono a farsi notare qualche volta, dopo performance degne di un oscar, soltanto quelle estremamente simpatiche, oppure quelle che si danno fuoco, come diceva la Littizzetto. 
Aggirandomi tra gli stand del salone, a un certo punto ho cominciato ad osservare anche l’altra metà del cielo: gli uomini.