sabato 7 maggio 2016

Bellezze e dintorni...



Una scritta squarcia lo schermo nero del computer e annuncia che il 60% del pubblico televisivo è costituito da donne. Poi, nel video esplode la musica da discoteca e appaiono gambe nude che si dimenano su alcuni cubi in uno studio televisivo, durante una nota trasmissione che intrattiene tutta la famiglia, la domenica pomeriggio. Sono travolta da venticinque minuti di un collage delle immagini che popolano la nostra cara televisione ogni giorno, a ogni ora, sostanzialmente donne svestite, se mute o parlanti sembra essere secondario. E’ il documentario “Il corpo delle donne” di Lorella Zanardo1. L’autrice sottolinea le immagini con voce asettica che lascia la preminenza alle scene, rivelandone un significato profondo che a quanto pare pochi intravedono, talmente siamo ormai abituati a considerare certe cose “normali”. Prorompono dal monitor donne in perenne lotta contro il tempo, snaturate dalla chirurgia estetica, presenti sul piccolo schermo in quantità ma non in qualità, mai autentiche, ormai lontane anni luce dalla consapevolezza dei propri bisogni veri perché tutte protese a soddisfare i desideri maschili della minoranza che guarda la tv, seminude protagoniste di spot pubblicitari in cui l’oggetto da vendere è destinato alle donne stesse. Anna Magnani soleva raccomandare con la consueta passione al proprio truccatore di non cancellarle le rughe, di lasciargliele tutte, perché ci aveva messo una vita intera a farsele. I volti delle donne di spettacolo contemporanee sono maschere grottesche che hanno perso la loro unicità, in cambio di una perfezione illusoria che però permette loro di entrare nell’unico sistema che pare conti, che dà fama e denaro. Le poche donne adulte che invecchiano sono rappresentate come feroci e si scagliano contro quelle più giovani. In modo subdolo ma costante, si insegna alle donne che apparire è più importante che essere; questo però vale solo per le donne… L’immaginario pornografico maschile ha inquinato ogni forma di linguaggio, il corpo femminile è solo un siparietto estetico che affianca la parola che spetta sempre all’uomo. L’ultima scena è tratta da un programma andato in onda in prima serata, in cui donne seminude appese a corde come prosciutti vengono per gioco marchiate sulle natiche con dell’inchiostro. Rimane incomprensibile che le donne si prestino a tutto ciò. La Zanardo osserva, nel  suo libro:

La colonizzazione del nostro immaginario ha significato non sapere più distinguere i nostri desideri più profondi e oggi ci osserviamo l’un l’altra come pensiamo ci guarderebbe un uomo.2

E’ un rapporto strano, quello degli uomini con il nostro corpo. Un rapporto benedetto e maledetto, che esalta ma ingabbia.  Il grigio sulle tempie invecchia. Una ruga è una ruga. Così dovrebbe essere, invece no. Secondo la cultura dominante che forgia il nostro pensiero quotidiano, le rughe e i capelli “sale e pepe” sono  affascinanti in un uomo, una grana poco accettabile a cui porre rimedio in una donna. L’immensa Barbara Alberti in proposito è implacabile:

E adesso bisogna pure essere fighe fino a ottant’anni. Un’altra corvée. Ma perché? Non facevamo già abbastanza? No. La vecchiaia femminile è stata abrogata. Dal mercato. “la plastica è il nostro burqa”, ha detto il filosofo Gianluca Nicoletti. Appare in televisione una donna politica rifatta da capo a piedi, tacchi sperticati, gambe al vento, seno di fuori, che brandisce come una clava la sua femminilità artefatta. E che sta lì a fare? Pubblicità al suo chirurgo? No, vuole lanciare una crociata per liberare le donne musulmane dal velo. Ehi, ma ti sei vista? Non hai più un centimetro di corpo che sia tuo, vai in giro con una maschera di pelle, hai più extension che peli, e vuoi liberare le altre? E chi libererà te? E’ più costrittiva una maschera di pelle o di stoffa? La plastica è il nostro burqa.3