La Storia con le donne dentro



Piccoli uomini crescono...


Immancabilmente strafiga, inguainata in uno stratosferico abito da fata, la ragazza è accanto a una rana verdastra dallo sguardo languido, in cui è stato imprigionato da un mago cattivo l’uomo di cui si innamorerà. Questo allegro quadretto campeggia sulla locandina del film d’animazione che intendo regalare in DVD al mio nipotino, uno dei pochi cartoni che ancora mancano alla sua personale  cineteca di tipico bimbo di cinque anni straviziato da noi adulti, come tutti i cuccioli di essere umano che si rispettino in questo nostro simpatico, ultra consumistico emisfero occidentale. Il film si intitola  La principessa e il ranocchio, marca Disney e anno di uscita 2009, la trama sembra contenere un personaggio femminile diverso dalla solita bambola inerme in balia del superattivismo dell’onnipotente maschio di turno. Prendo il DVD dallo scaffale e lo mostro al delizioso pargolo, almeno questa volta riuscirò anch'io a vedere un cartone animato nuovo… La reazione del trottolino di mamma è da non credere…:
<< No, quello no…..!! E’ da femmine!>>
La femmina che lo guarda sgusciare via rimane col negletto DVD in mano, ed è del tutto simile alla femmina che lo ha partorito con un dolore a cui nessun maschio sarebbe mai sopravvissuto, in genere cappottano alla prima linea di febbre. Dopo lo shock anafilattico iniziale, ora sto rielaborando il lutto,  perché di questo si tratta.  Quando un bambino che va ancora alla scuola materna ti considera inferiore a lui, la sensazione di inadeguatezza che ti investe anche solo per un attimo è profondamente avvilente. A quell’età non possiede la struttura psicofisica necessaria a sentirsi superiore intellettualmente o fisicamente, il che significa che in qualche modo qualcuno o qualcosa gli ha inculcato il concetto e ora lui lo indossa  con assoluta, agghiacciante naturalezza,  a  soli cinque anni. Ma il peggio, ci scommetto, deve ancora venire. Devo scoprirlo subito, non resisto. Devo sapere al più presto cosa avverrà il prossimo anno, quando il futuro Terminator varcherà la soglia di un’aula scolastica, dove voglio pensare che sarà non solo informato su mille meraviglie ancora sconosciute, ma soprattutto FORMATO nell’intelletto e nel carattere, perché questo dovrebbe fare la scuola elementare. Tarantolata da un furore mistico, il giorno dopo piombo in ufficio e assalto le mie colleghe che hanno figli in età scolare. Nel giro di due giorni ottengo in prestito i libri su cui la loro deliziosa progenie ha studiato l’anno precedente. Il primo è un libro di lettura di prima elementare:  comitato editoriale di donne in redazione e direzione, ambo i sessi a curare il progetto grafico.


Sfoglio le pagine e inquadro le storie imbastite: l’unica donna che lavora professionalmente è una maestra; un bimbo prepara una torta con la madre, una bimba impara a leggere dal giornale di papà;  figure maschili preparano i panini per il picnic, portano al parco e lavorano come giornalisti e pasticceri, mamme cucinano e stirano; i maschi sono protagonisti in otto vicende, le femmine in sei, ma due di queste hanno  ruoli passivi[1]. Poi, altro giro altra corsa:  libro di terza elementare diviso per materie, sulla copertina campeggiano tre nomi di autrici e un maschio che cura l’opera, il coordinamento editoriale è femminile, la redazione mista, il progetto didattico è presentato come “rispettoso di una cultura delle pari opportunità e del rispetto delle differenze”. Gasata come un cammello (anche se quando parlano di differenze, sotto c’è sempre la fregatura che alle donne restano gli avanzi di cucina…), mi addentro nelle pagine e in dodici secondi netti capisco che la pacchia è già finita: si parla di animali, e ogni specie è indicata rigorosamente al maschile  (si rispetta la stolta regola grammaticale della lingua italiana  che vuole che si usi il  maschile quando entrambi i generi sono coinvolti, cosa che sto facendo anche io mentre scrivo, e la cosa non è da poco, visto che il linguaggio esprime e condiziona il pensiero). Anche questo libro è vivace e fitto di illustrazioni; nonostante in qualche foto ci sia una donna, si parla di paleontologo, storico, geologo: chi studia o agisce è di fatto un maschio. Le frasi sono tutte dello stesso stile gloriosamente sessista, tipo:
L’uomo impara a coltivare la terra e allevare gli animali.
L’uomo accende il fuoco
L’uomo e il mare
L’uomo e la montagna
Siamo deliziosamente incorporate, assolutamente invisibili. Sarebbe stato tanto tremendo usare il termine “ esseri umani”? Anche se, mi rendo conto con allegria sfrenata,  quest’ultima formula è a sua volta chiaramente al maschile…..
Nelle raffigurazioni lei cuce, cucina o tiene in braccio un bambino, lui caccia e lavora il legno[2]. Stereotipo millenario a parte, ma siamo proprio sicuri che le cose, nella storia del mondo,  siano andate così? Scommettiamo che, impestata come poche, vado a controllare? Il terzo libro che spulcio è di prima media inferiore, mi colpisce per il bellissimo titolo Noi siamo la storia: progetto editoriale e grafico  a maggioranza femminile, con testi di ambo i sessi. Quattro rapidi calcoli ed è subito rovinosamente evidente che la stragrande maggioranza delle fotografie ritrae maschi, e che il linguaggio è di nuovo tutto declinato al maschile. La preistoria pullula di uomini che scoprono la caccia, gli attrezzi, le armi, uniche attività ampiamente  illustrate; poche parole riassumono le mansioni cosiddette femminili: “Il compito di conservare e mantenere vivo il fuoco era affidato alle donne” (per gentile concessione!), oppure “Alla cura dei campi si dedicavano generalmente le donne”. Le attività “maschili” passano per fondamentali, ma siamo sicuri che portare a casa un pezzo di carne una volta alla settimana sia più importante che procacciare frutta, radici, bacche, semi e verdura ogni giorno, cioè il grosso della dieta alimentare del tempo? Si parla della nascita delle università, ma non una parola sul divieto per le donne di accedervi, peccato che queste riflessioni siano fondamentali per capire perché, poi, sembra siano stati gli uomini a produrre la cultura per secoli. Mercanti, guerrieri, uomini di stato, così per pagine e pagine, per secoli e secoli. Un breve cenno su artiste, madri, streghe e levatrici dimostra buona volontà, due pagine sulle donne nella società greco-romana  evidenziano che erano relegate tra le mura domestiche e non potevano avere ruoli pubblici; poi spiccano quattro belle pagine sul rapporto tra donne e rivoluzione (nonostante i divieti, eravamo tutt’altro che passive!). Le donne illustri menzionate vanno da Saffo a Giovanna d’Arco, a Isabella di Castiglia, da Elisabetta I Caterina de Medici a Caterina di Russia, a Maria Antonietta, e altre  signore  che hanno rotto storicamente le scatole. Poi arrivo a  pagina 193, dove viene affrontato  il raffinatissimo sport della caccia alle streghe, e sprofondo nel divertimento più sfrenato: il primo genocidio della storia, con un centinaio di migliaia di morte ammazzate nell’arco di alcuni secoli, occupa quattro pagine, ed è incredibilmente espresso, titolo a parte, con il termine neutro “persone”, si parla anche di STREGONI uccisi usando l’aggettivo  “alcuni”, e si narrano torture e assassinii volgendo il sesso delle vittime al maschile come al solito3. Il pazzesco, assurdo risultato, da sciopero mondiale in cucina e sotto le lenzuola di almeno sei mesi,  è  quello  di incorporare una tragedia al 99,9% femminile nel “maschile universale”. Mentre cerco elegantemente di non esagerare con i pensieri affettuosi ai danni di qualcuno, rifletto. Questa è una Storia dei maschi spacciata per quella di tutta l’umanità. Sembra che le meraviglie del pensiero, dell’arte, della cultura, i gesti storici, ma anche gli orrori delle guerre e della politica siano state per migliaia di anni farina del sacco degli uomini. Ammettiamo per un attimo che sia stato così (e non è detto!): perché le cose sono andate in questo modo? Dove eravamo noi signore? Il mio indubbio pronostico è: chiuse in cucina. Ma ci siamo sempre state? Se la risposta fosse no, come ci siamo finite? E qualcuna si è ribellata? Per di più, quel poco che c’è sulle donne è prevalentemente frutto dello sguardo maschile, quindi noi chi siamo veramente? Come saremmo veramente fatte dentro (senza questi condizionamenti) e che meraviglie avremmo potuto sprigionare se solo non ci fosse sempre stato qualcuno a decidere cosa dovevamo, ma soprattutto non dovevamo  essere? COME E’ POSSIBILE CHE SI IGNORI LA STORIA DI META’ DEL GENERE UMANO? Nonostante i richiami delle “Tabelle di marcia per la parità” di Europa e ONU per combattere stereotipi e discriminazioni, con tutti  i femminicidi che ci sono in giro, che traggono la linfa dalla cultura sessista dominante, quanto durerà ancora lo stillicidio di chi agita lo spauracchio del "gender" come se fosse il più terribile dei mali...?? E mi sorge anche una santa curiosità: come sarebbe stato il mondo se avessimo comandato noi?  Se c’è una storia alternativa, qualcuno la conosce? La risposta è sì, si chiamano STUDI DI GENERE, ma nessuno li tiene in considerazione e li insegna, e nessuno li impara. Forse la storia che conta è veramente solo quella delle guerre e del potere, quindi quella maschile. Sto già esprimendo due visioni del mondo e della vita diverse? Di questo voglio raccontarvi, dal prossimo post. Sarà una Storia con le donne dentro, un po’ balenga, come me,  ma alquanto scientifica. Un viaggio pieno di inaspettate sorprese, lo giuro…

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Le fonti preziose da cui ho attinto:
1 Baffo e coda, A. Benino, S. Brino, M.Poli, editrice Piccoli
Percorsi per crescere. Olmo bla bla. Il libro delle discipline (matematica, storia, geografia, scienze e tecnologia), ed. Il Capitello
Noi siamo la storia, conoscere il passato, capire il presente, ed. Scolastica Bruno Mondadori










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