Quando entro nell'ufficio dell'Asl non c’è neanche
la coda, ho davanti solo una signora con un bambino, poi tocca a me. Mi chiamano
pochi minuti dopo, consegno i versamenti per il rinnovo della patente e compilo
i moduli, riesco a centrare la riga della firma anche senza gli occhiali
da lettura, odio estrarli dalla tracolla tutte le volte… Poi sala d’attesa, brevissima. Il dottore è giovane e gentile, mi chiede età, peso, altezza e
malanni fisici degni di nota. Ci scivolo sopra planando tipo aliante che sfiora
sei dirupi cesellati di rocce acuminate come punte di lancia…
“Mah… acciacchi tipo lombosciatalgia,
niente di mortale, periartrite alle spalle, cose così…!”
Il dottorino mi squadra. Sento il suo lato
sensitivo agitarsi sulla sedia, lui abbozza un sorriso mellifluo, cercando di
farmi assorbire il colpo mortale che, nove su dieci, lo sa benissimo, sta per
infliggermi…
“Non prende nessuna pastiglia fissa
giornaliera…???”
Ma girarci attorno almeno un po’, prima di
sganciare la bomba H e beccarci inesorabilmente, proprio no…??? Snocciolo
nell’aria la parolaccia MICARDIS, attorniata da aggettivi miranti a
depotenziare la disgrazia sempiterna che tale termine medico annuncia. Lui
prosegue nel tentativo assolutamente senza speranza di indorarmi la fottuta
pillola…
“Peccato, ancora abbastanza giovane...
come mai ha già la pressione alta…?”
La mia mente è tappezzata di improperi
vergognosi e irriferibili, ma mi sgancio e parte un frammento della saga delle
mie sfighe familiari; lui chiede se ho il diabete, assolutamente no, e col
pensiero mi tocco le tette per scongiurare l’ennesimo lieto evento, chissà
perchè ancora mancante alla mia collezione. Poi si alza, sistema la sedia
contro il muro e mi invita ad accomodarmici sopra per leggere le famigerate
letterine sulla parete. Mi siedo con baldanza, incosciente fino all’ultimo, in
quello che ricorderò per sempre come l’ultimo istante di quasi beata innocenza,
prima dell’inizio dell’età delle imprecazioni, quelle vere. Il dottore punta il
dito su una grossa T, che individuo con facilità nonostante l’occhio sinistro
coperto dalla mia stessa mano. Poi passa alla riga inferiore… lettera B…ok…
Prima che passi al resto mi rendo conto, in preda a un inizio di panico
paralizzante delle principali funzioni vitali, che le lettere inanellate nella
riga ancora più sotto sono sfuocate, ammassi di inchiostro nero sgarrupato che
compone grovigli tipo lettere dell’alfabeto cinese. Prego Dio che siano
realmente una stampata, simpatica variazione sul tema, e non lo scempio che
percepisce il mio stramaledetto, vergognoso occhio destro, ma l’illusione dura
tre centesimi di secondo. Da lì in poi non ne becco una, al terzo tentativo
smetto anche di tirare spudoratamente a indovinare. Il medico mi chiede se non mi ero mai accorta di
questo calo di vista, e io con nonchalance accenno agli occhiali che indosso
abitualmente per leggere. In realtà, in rari momenti di scomoda onestà
assoluta, quella che pungola la coscienza e ti ostini a ignorare mentre
insiste all’inverosimile ad attanagliarti il cervello, asserragliato
oltre il ponte levatoio per non ricevere comunicazioni di sorta, negli ultimi
tempi avevo avuto più volte percezioni extrasensoriali strane, quasi esperienze
ai confini con l’estremo, di cui non avevo parlato a nessuno per evitare
dibattiti pericolosi su argomenti altrettanto letali. Ad esempio, mi ero
accorta che, quando mangio, il cibo nel piatto ha spesso un aspetto leggermente
indeterminato, dai tratti direi impressionistici, appena accennati, che lasciano
un certo spazio all’immaginazione… Sempre facendo finta di niente mi ero
scoperta, nel buio dell’anfratto più profondo della mia mente nascosto
dall’invadenza del mondo, a formulare considerazioni di alto valore
scientifico, come:
“Cavolo, ma non sarà mica che i miei
casini con la vista da vicino stanno prendendoci gusto e stanno diventando
anche casini da lontano…?!?!”
Intanto, nel maledetto loculo dell’Asl,
l’umiliazione cosmica prosegue con l’altro occhio, raggiungendo, se possibile,
baratri anche più arditi, fino all’ecatombe finale: per avere il rinnovo della
patente devo tornare a fare la visita con gli oc…. con gli occh….. con gli
occhial… (non riesco nemmeno a imprimerlo tutto sulla carta perché sarà
indelebile). Poi esco, con l’agilità di una lonza a cui hanno appena praticato
il trattamento pre-banchetto a cui la stessa parteciperà in posizione
orizzontale, su un piatto di portata. La sera, dopo che i miei sentimenti
dominanti hanno avuto tempo di sedimentare, raggiungo il livello di calma interiore
di Gengis Khan alla vigilia della battaglia decisiva per la conquista della
Cina. Prevedo una settimana di acidosi umorale sopra il limite di normale
tollerabilità; l’accettazione del malefico MICARDIS, anni prima, aveva
comportato svariati sacrifici umani. Questi sono i cambiamenti epocali del mio
corpo che mi fanno imbufalire, altroché le dannate rughe…..
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