lunedì 1 giugno 2015

Il maledetto inizio della fine...

Quando entro nell'ufficio dell'Asl non c’è neanche la coda, ho davanti solo una signora con un bambino, poi tocca a me. Mi chiamano pochi minuti dopo, consegno i versamenti per il rinnovo della patente e compilo i moduli, riesco a centrare  la riga della firma anche senza gli occhiali da lettura, odio estrarli dalla tracolla tutte le volte… Poi sala d’attesa, brevissima. Il dottore è giovane e gentile, mi chiede età, peso, altezza e malanni fisici degni di nota. Ci scivolo sopra planando tipo aliante che sfiora sei dirupi cesellati di rocce acuminate come punte di lancia…

“Mah… acciacchi tipo lombosciatalgia, niente di mortale, periartrite alle spalle, cose così…!”

Il dottorino mi squadra. Sento il suo lato sensitivo agitarsi sulla sedia, lui abbozza un sorriso mellifluo, cercando di farmi assorbire il colpo mortale che, nove su dieci, lo sa benissimo, sta per infliggermi…

Non prende nessuna pastiglia fissa giornaliera…???”

Ma girarci attorno almeno un po’, prima di sganciare la bomba H e beccarci inesorabilmente, proprio no…??? Snocciolo nell’aria la parolaccia MICARDIS, attorniata da aggettivi miranti a depotenziare la disgrazia sempiterna che tale termine medico annuncia. Lui prosegue nel tentativo assolutamente senza speranza di indorarmi la fottuta pillola…

“Peccato, ancora abbastanza giovane... come mai ha già la pressione alta…?”

La mia mente è tappezzata di improperi vergognosi e irriferibili, ma mi sgancio e parte un frammento della saga delle mie sfighe familiari; lui chiede se ho il diabete, assolutamente no, e col pensiero mi tocco le tette per scongiurare l’ennesimo lieto evento, chissà perchè ancora mancante alla mia collezione. Poi si alza, sistema la sedia contro il muro e mi invita ad accomodarmici sopra per leggere le famigerate letterine sulla parete. Mi siedo con baldanza, incosciente fino all’ultimo, in quello che ricorderò per sempre come l’ultimo istante di quasi beata innocenza, prima dell’inizio dell’età delle imprecazioni, quelle vere. Il dottore punta il dito su una grossa T, che individuo con facilità nonostante l’occhio sinistro coperto dalla mia stessa mano. Poi passa alla riga inferiore… lettera B…ok… Prima che passi al resto mi rendo conto, in preda a un inizio di panico paralizzante delle principali funzioni vitali, che le lettere inanellate nella riga ancora più sotto sono sfuocate, ammassi di inchiostro nero sgarrupato che compone grovigli tipo lettere dell’alfabeto cinese. Prego Dio che siano realmente una stampata, simpatica variazione sul tema, e non lo scempio che percepisce il mio stramaledetto, vergognoso occhio destro, ma l’illusione dura tre centesimi di secondo. Da lì in poi non ne becco una, al terzo tentativo smetto anche di tirare spudoratamente a indovinare. Il medico mi chiede se non mi ero mai accorta di questo calo di vista, e io con nonchalance accenno agli occhiali che indosso abitualmente per leggere. In realtà, in rari momenti di scomoda onestà assoluta, quella che pungola la coscienza e ti ostini a ignorare  mentre insiste all’inverosimile ad  attanagliarti il cervello, asserragliato oltre il ponte levatoio per non ricevere comunicazioni di sorta, negli ultimi tempi avevo avuto più volte percezioni extrasensoriali strane, quasi esperienze ai confini con l’estremo, di cui non avevo parlato a nessuno per evitare dibattiti pericolosi su argomenti altrettanto letali. Ad esempio, mi ero accorta che, quando mangio, il cibo nel piatto ha spesso un aspetto leggermente indeterminato, dai tratti direi impressionistici, appena accennati, che lasciano un certo spazio all’immaginazione… Sempre facendo finta di niente mi ero scoperta, nel buio dell’anfratto più profondo della mia mente nascosto dall’invadenza del mondo, a formulare considerazioni di alto valore scientifico, come:

“Cavolo, ma non sarà mica che i miei casini con la vista da vicino stanno prendendoci gusto e stanno diventando anche casini da lontano…?!?!”


Intanto, nel maledetto loculo dell’Asl, l’umiliazione cosmica prosegue con l’altro occhio, raggiungendo, se possibile, baratri anche più arditi, fino all’ecatombe finale: per avere il rinnovo della patente devo tornare a fare la visita con gli oc…. con gli occh….. con gli occhial… (non riesco nemmeno a imprimerlo tutto sulla carta perché sarà indelebile). Poi esco, con l’agilità di una lonza a cui hanno appena praticato il trattamento pre-banchetto a cui la stessa parteciperà in posizione orizzontale, su un piatto di portata. La sera, dopo che i miei sentimenti dominanti hanno avuto tempo di sedimentare, raggiungo il livello di calma interiore di Gengis Khan alla vigilia della battaglia decisiva per la conquista della Cina. Prevedo una settimana di acidosi umorale sopra il limite di normale tollerabilità; l’accettazione del malefico MICARDIS, anni prima, aveva comportato svariati sacrifici umani. Questi sono i cambiamenti epocali del mio corpo che mi fanno imbufalire, altroché le dannate rughe…..


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