lunedì 13 luglio 2015

Perdere l'anima

Il sangue è ancora caldo, di odore acre e di un rosso cupo, le impregna i capelli e le scende lungo il collo, sulle spalle, lungo il resto del corpo. La capra e la gallina sono morte quasi subito; la ragazza tiene gli occhi chiusi per difendersi, si barrica dietro le palpebre,  ma è difficile restare intatta, anche attraverso gli occhi chiusi le si insinua nel cervello l’immagine di quella stanza adorna di stoffe bianche e rosse in cui l’hanno portata, le statuine del jujù a braccarla tutte intorno, giù in fondo allo stomaco una soggezione sorda verso l’uomo che sta danzando attorno a lei, che la rende totalmente inerme. Barcolla, la tunica bianca che le ricopre il corpo nudo è sempre più imbrattata di sangue, le pareti della stanza le incombono addosso, ruotano inesorabilmente non appena socchiude gli occhi; ha ancora in bocca il gusto penetrante di alcool e della noce di cola, l'intruglio con cui ha dovuto trangugiare il cuore della gallina. L'uomo è il native doctor, nome elegante di uno degli stregoni di Uwasota, Benin City, Nigeria. Il vecchio pratica il rito dell’Ayelala, una divinità considerata dispensatrice di giustizia e custode della moralità. Le fa giurare solennemente obbedienza, la pena è la sua stessa vita. Si deve fare prima di partire, glielo ha detto Mama Brady. Il vecchio ripete ossessivamente formule antichissime, e minacce di morte. Le asporta un ciuffo di capelli, dei peli pubici, parti di unghie delle mani e dei piedi. Ormai sono suoi, come la sua anima.


La chiamerò Zemira. Seduta sull’autobus, guarda la terra della Nigeria, che vende le sue figlie ogni giorno, scorrere fuori dal finestrino. Viaggia da più di due ore, poche, nell’economia del lunghissimo viaggio che le cambierà la vita per sempre. Mama Brady le ha chiesto alcune foto per il passaporto, ma lei non l’ha visto, e non lo vedrà mai. Piccola e minuta, un viso dolcissimo, ventidue anni, la scuola secondaria interrotta per la morte del padre, una madre che di tanto in tanto vende biscotti e caramelle per la strada, in alcune ceste sull’onnipresente, polveroso sterrato che affianca l’asfalto delle vie dell’Africa. Zemira ha imparato ad acconciare i capelli; Mama Brady, una delle clienti abituali del negozio, le ha proposto un lavoro di parrucchiera in Italia. La metterà in contatto con una parente a Torino; Susan, così si chiama, dovrà essere pagata, ovvio; la cifra in naira, la moneta nigeriana, è accettabile; Zemira non sa che fa da paravento alla somma reale, sessanta mila euro, una cifra elevata, commisurata alla sua bellezza. Quando arriva a Kono, nel nord, al confine con il Niger, è il 17 luglio.

lunedì 6 luglio 2015

1) Piccoli uomini crescono

Immancabilmente strafiga, inguainata in uno stratosferico abito da fata, la ragazza è accanto a una rana verdastra dallo sguardo languido, in cui è stato imprigionato da un mago cattivo l’uomo di cui si innamorerà. Questo allegro quadretto campeggia sulla locandina del film d’animazione che intendo regalare in DVD al mio nipotino, uno dei pochi cartoni che ancora mancano alla sua personale  cineteca di tipico bimbo di cinque anni straviziato da noi adulti, come tutti i cuccioli di essere umano che si rispettino in questo nostro simpatico, ultra consumistico emisfero occidentale. Il film si intitola  La principessa e il ranocchio, marca Disney e anno di uscita 2009, la trama sembra contenere un personaggio femminile diverso dalla solita bambola inerme in balia del superattivismo dell’onnipotente maschio di turno. Prendo il DVD dallo scaffale e lo mostro al delizioso pargolo, almeno questa volta riuscirò anch'io a vedere un cartone animato nuovo… La reazione del trottolino di mamma è da non credere…:
<< No, quello no…..!! E’ da femmine!>>
La femmina che lo guarda sgusciare via rimane col negletto DVD in mano, ed è del tutto simile alla femmina che lo ha partorito con un dolore a cui nessun maschio sarebbe mai sopravvissuto, in genere cappottano alla prima linea di febbre. Dopo lo shock anafilattico iniziale, ora sto rielaborando il lutto,  perché di questo si tratta.  Quando un bambino che va ancora alla scuola materna ti considera inferiore a lui, la sensazione di inadeguatezza che ti investe anche solo per un attimo è profondamente avvilente. A quell’età non possiede la struttura psicofisica necessaria a sentirsi superiore intellettualmente o fisicamente, il che significa che in qualche modo qualcuno o qualcosa gli ha inculcato il concetto e ora lui lo indossa  con assoluta, agghiacciante naturalezza,  a  soli cinque anni. Ma il peggio, ci scommetto, deve ancora venire. Devo scoprirlo subito, non resisto. Devo sapere al più presto cosa avverrà il prossimo anno, quando il futuro Terminator varcherà la soglia di un’aula scolastica, dove voglio pensare che sarà non solo informato su mille meraviglie ancora sconosciute, ma soprattutto FORMATO nell’intelletto e nel carattere, perché questo dovrebbe fare la scuola elementare. Tarantolata da un furore mistico, il giorno dopo piombo in ufficio e assalto le mie colleghe che hanno figli in età scolare. Nel giro di due giorni ottengo in prestito i libri su cui la loro deliziosa progenie ha studiato l’anno precedente. Il primo è un libro di lettura di prima elementare:  comitato editoriale di donne in redazione e direzione, ambo i sessi a curare il progetto grafico.