Pianeta terra, Italia, in una qualsiasi
città, con cappa di smog rigorosamente incorporata e ancora un po’ in sonno,
alle sette del mattino. Ufficio di creature umane che stanno lentamente
carburando verso il risveglio delle funzioni vitali, il che implica un
sovraffollamento cosmico della zona cialde che dispensa l’intruglio nero da cui
dipendono ai limiti del tossico novantanove italiani su cento. Eppure qualcuno,
oltre a me, sfugge al rito. Cammina avanti e indietro sui tacchi a spillo lungo
le pareti della stanza, consentendo all’oggetto più comprato del mondo di
diramarle nei padiglioni auricolari la voce di un altro essere, che sento solo
vagamente, le cui parole e azioni mi diverto a immaginare, completando un
dialogo che lascia poco spazio a dubbi di sorta.
<<… Guarda che quelli gialli sono
lì, nel terzo cassetto del comò, ce li ho messi ieri! >>
<< …………………………….>> voce
maschile concitata.
Lei: << E vedi di non metterglieli
al contrario!! >>
Lui: << ………………………….........>>
ululando tipo licantropo.
Lei: << OK. Aspetto in
linea…>> senza fare una piega.
L’imprecisato essere all’altro capo del
filo inizia, stile Indiana Jones, la perlustrazione della parte più sconosciuta
della casa in cui ogni giorno vive da anni, la zona lavanderia, in cui
potrebbero ancora essere tenuti crudelmente prigionieri, probabilmente dai fili
dello stendibiancheria del nemico, gli oggetti gialli di cui sopra. Dopo tre
lunghissimi minuti e trentotto secondi, da me puntualmente cronometrati di
nascosto, la splendida conversazione ai limiti dell’horror riprende, con mio
grande giubilo.
Lei: << … Ma non è possibile… non
possono essere spariti nel nulla… guarda che quelli verdi non vanno bene come
colore…>>
Lui: <<
…………………………………………………..>> sgancia nel telefono la bomba H, sento il fragore
e intravedo il fungo.
Lei: << Dio, non sei neanche capace
di vestirla con tutta la roba pronta lì sul letto, quella povera
bambina……>>
Lui: <<
…………………………………………………….>> preoccupante silenzio.
Sette secondi, poi l’amorevole dialogo
riprende:
Lei: << … E ricordati:
pochissimo zucchero nei cereali!!!!! >> chiude la comunicazione.
Mie elucubrazioni pseudoscientifiche e
prostrate sull’accaduto, in libera e caotica successione:
CASO A: lui è un esemplare di maschio del
tipo “faccio lo scemo per non andare in guerra”: indipendentemente dal fatto
che sappia o meno cavarsela nel lavoro di cura (nessuno l’ha mai iniziato a
questa arte oscura sin da piccolo, come invece succede alle femmine), è
comunque determinato fino alla morte a dimostrare la più assoluta imbranataggine
per sfiancare la femmina sulla lunga distanza e persuaderla, con atteggiamenti
inadeguati e snervanti, ad arrangiarsi clamorosamente. Conseguenze: se lei ci
casca, assumerà sempre più le sembianze della “schiava Isaura”, perfetta
cameriera gratis in casa e procacciatrice di stipendio fuori casa, il secondo
sogno di tutti i maschi (dopo la poligamia), praticamente lo stato della
maggioranza delle donne italiane sposate con o senza figli, oggi.
CASO B: lui è un esemplare di maschio del
tipo “vivo usando il cervello e non solo i privilegi atavici della mia razza”:
si rende conto che non ha senso che lei faccia due lavori quando anche lui vive
in quella casa e ha generato quei figli, quindi tenta di collaborare, ma forse
ha incontrato un esemplare di femmina del tipo “merito di estinguermi ma non
succede mai”: strafissata sulle pulizie, invece di usare e vivere la casa ne è
soggiogata completamente, perfetta cuoca perché addestrata sin dalla permanenza
nel liquido amniotico attraverso la lettura ad alta voce dei libri di Benedetta
Parodi, ha lo swiffer a estrazione rapida incorporato nel braccio destro e
rifiuta la colf perché non pulirebbe a fondo come lei, quindi non si accontenta
di quello che lui tenta di fare neanche se ciò significa sopperirvi
personalmente, polverizzando anche i pochi minuti di tempo libero che le
resterebbero per sé stessa. Un vero genio, direi…
Ma una via di mezzo non riusciamo proprio
a trovarla? Demoralizzata allo stadio terminale, pilucco una ricerca del
2010 della London School of Economics, che ha passato al setaccio i
comportamenti di 12.000 famiglie con figli per un periodo di dieci anni,
concludendo che la probabilità di separazione dei coniugi diminuisce se l’uomo
svolge uno o più semplici lavori in casa, come pulire o fare la spesa, badare
ai pargoli in assenza della madre, metterli a nanna la sera; tradotto,
significa che, se fino agli anni ’80 si riteneva che l’impegno delle donne in
casa stabilizzasse la famiglia e che il suo lavoro fuori casa aumentasse i divorzi,
oggi invece coniugi intercambiabili nel lavoro di cura tengono lontana la
separazione, cosa confermata dai nostri tribunali, che separano non tanto per
questioni di corna ma per insoddisfazione e infelicità estreme1. A
questo punto, come tarantolata, vado a scartabellare furiosamente nel
succulento sito del nostro Istat, e cerco dati sulla situazione odierna: scopro
che il livello di attività lavorativa femminile italiano è il più basso
d’Europa (escludendo Malta e Turchia), che cresce ma non è accompagnato da un
aumento dell’impegno dei maschi nelle faccende di casa; anzi, più aumenta il
numero dei figli e più le italiane tendono a lasciare il lavoro retribuito;
alla fine degli anni ottanta l’85% del lavoro di cura era sulle spalle
delle donne, oggi è al 75%; una donna in coppia con figli piccoli dedica alla
casa 51 ore settimanali, seguita da francesi e americane, contro le 29 ore
delle svedesi; i maschi italiani dedicano alla cura meno di 20 ore settimanali,
hanno il picco nella fase finale della vita, specie se pensionati e soli, cioè
quando non hanno scampo. In quella che viene definita una “rivoluzione
sospesa”, i figli in famiglia ricalcano miseramente il comportamento dei padri2.
In questo quadretto idilliaco, in cui le donne sostituiscono dalla propria
nascita alla morte, senza mai andare in pensione, un welfare deficitario nella
cura (anche degli anziani), si parla di aumentare asili o tate, mai di padri
più presenti. Aggiungerei un dettaglio finale: ipotizziamo che sul lavoro esca
un concorso per fare carriera, e che entrambi i coniugi lo affrontino; lui
arriverà a casa dal lavoro e si chiuderà in camera a studiare, lei invece
tornerà a casa, passerà il Folletto e poi preparerà la cena. Chi vince il
concorso? Inserisco nel dolce quadretto le quote azzurre, incastonate
implicitamente nel sistema da millenni, attraverso cui i maschi si assicurano
l’un l’altro i posti che contano, e mi spiego perché le stanze dei bottoni
continuino a essere frequentate solo da portatori di pisello…
Rebecca
Contenuto coperto da copyright
Le fonti preziose da cui ho attinto:
1 Rimini, C., Niente divorzio se lui fa le pulizie, La
Stampa, 18
giugno 2010
2 Uso del tempo e ruoli di genere, Istat,
2012, pagg.11-30 (non esistono rilevazioni Istat più recenti)
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